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Violenza assistita: vittime silenziose

  • Immagine del redattore: Giulia Dovier
    Giulia Dovier
  • 16 set 2022
  • Tempo di lettura: 3 min


La violenza assistita rientra tra le forme di maltrattamento sui minori e, come ogni altra forma di violenza, si configura come un evento traumatico, in particolar modo in casi cronici e continuativi. Il CISMAI nel 2003 ha definito il fenomeno affermando che “per violenza assistita da minori in ambito familiare si intende il fare esperienza da parte del/della bambino/bambina di qualsiasi forma di maltrattamento, compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica, su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative adulte e minori. Si includono le violenze messe in atto da minori su minori e/o su altri membri della famiglia, gli abbandoni e i maltrattamenti ai danni di animali domestici”.

La violenza assistita è dunque una forma di maltrattamento che subiscono i minori, la cui rilevazione richiede


il preliminare riconoscimento della violenza intra-familiare diretta.

In occasione del Congresso “Stop Domestic Violence” di Ipswich del 1999, tale forma di violenza è stata inserita nel maltrattamento di tipo primario, al pari del maltrattamento fisico, psicologico, dell’abuso sessuale e della trascuratezza ed è emersa impellente l’esigenza di garantire adeguata protezione ai bambini vittime di witnessing violence.


Caratteristiche e conseguenze del fenomeno

Quando un bambino assiste alla violenza e ai conflitti tra i genitori o ad aggressioni fisiche di un genitore nei confronti dell’altro o dei fratelli, sono presenti diversi aspetti caratteristici della violenza psicologica, tra cui l’induzione del terrore.


Secondo il DSM V le persone che sviluppano la sintomatologia del PTSD (Disturbo Post Traumatico da Stress) hanno vissuto o assistito ad eventi implicanti morte, minacce di morte, lesioni aggravate o minacce alla propria integrità fisica o di altri.


I danni che tale forma di maltrattamento produce dunque, sono estremamente gravi; le scene di violenza domestica si collocano infatti tra le esperienze più traumatiche che un bambino possa provare, in quanto esiste la possibilità di perdere uno o entrambi i genitori e di essere a propria volta vittime di abusi (De Zulueta, 1999).


La violenza assistita rappresenta inoltre, un fattore di rischio altamente predittivo per il coinvolgimento in altre forme di maltrattamento.


Secondo Di Blasio (2000) l’esposizione alla violenza compromette diverse aree di sviluppo tra cui il legame di attaccamento, le competenze sociali, la regolazione di risposte emotive e comportamentali, le abilità cognitive e di problem solving e l’apprendimento scolastico.


Alcune conseguenze riscontrate nelle vittime di violenza assistita sono:

  • ansia e depressione

  • aggressività con tendenza all’agito

  • bassa autostima, senso di colpa ed impotenza

  • difficoltà o disturbi del comportamento alimentare

  • alterazioni del ritmo sonno/veglia, incubi ed enuresi notturna

  • comportamenti regressivi

  • comportamenti autolesivi e abuso di alcol

  • scarse abilità verbali e visuo-spaziali dovute alla deprivazione ambientale


Le vittime inoltre, in virtù dell’esposizione reiterata ad episodi aggressivi, apprendono che l’uso della violenza è normale nelle relazioni affettive e che esprimere i propri vissuti e pensieri non è concesso in quanto può scatenare la violenza.


Agire in ottica preventiva e di intervento

Un intervento finalizzato a prevenire la violenza richiede un approccio interdisciplinare, che si concretizzi in azioni che coinvolgano ogni livello della prevenzione; dal prevenire il verificarsi della violenza contro i minori, al rilevare i casi ed intervenire precocemente, al fornire assistenza alle vittime e alle famiglie in cui i maltrattamenti si verificano.


Fondamentale è che tutti i servizi che operano a sostegno della salute dell’infanzia e della famiglia si integrino, nell’ottica di perseguire il comune obiettivo di garantire il maggior benessere per il minore, identificando tutti i processi che possono incrementare la resilienza e potenziando i fattori di protezione.


Il processo di intervento tempestivo prevede alcuni passaggi:

  • la rilevazione

  • la segnalazione all’autorità giudiziaria e misure di protezione del minore

  • la valutazione psicologica

  • la valutazione forense


Risulta inoltre fondamentale valutare la risposta psicologica al maltrattamento osservando la sintomatologia, anche aspecifica, presente nel minore ed infine, avviare interventi di sostegno e cura finalizzati alla riduzione dei danni.



Bibliografia

  • Bianchi, D., Moretti, E., Ciccotti, E., Malacrea, M., Luberti, R., Barlucchi, C., ... & Tonarelli, A. (2006). Vite in bilico. Indagine retrospettiva su maltrattamenti e abusi in età infantile.

  • Di Blasio, P. (2000). Psicologia del bambino maltrattato. Il mulino.

  • Di Iullo, T., Angelucci, P., Cacia, L., Di Gioia, A., Gasteratou, E., Malorni, N., Nicolussi, M., Sarno, L. & Soavi, G. (2017). Maltrattamento e abuso all’infanzia. Indicazioni e Raccomandazioni.


 
 

Dott.ssa Giulia Dovier

Psicologa iscritta all'Ordine degli Psicologi del FVG (n. 2235)

P.IVA 01269710313

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