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Affettività e detenzione

  • Immagine del redattore: Giulia Dovier
    Giulia Dovier
  • 9 set 2022
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 16 set 2022

Le tematiche dell’affettività e dell’intimità all’interno degli istituti penitenziari risultano essere di fondamentale importanza. Il carcere infatti, per la sua strutturazione e regolamentazione produce uno stato di deprivazione fisica, sensoriale ed emotiva nell’individuo e l’aspetto relativo all’affettività non può essere escluso o trascurato nel considerare le limitazioni a cui i detenuti vengono quotidianamente sottoposti.

L’affettività nel contesto detentivo si scontra con le limitazioni prodotte dall’impatto traumatico che il carcere genera sull’individuo, ma anche sulle persone che lo circondano ed intrattengono con lui rapporti intimi e familiari. Inoltre, l’impossibilità di avere continui contatti con i cari produce frequentemente nel detenuto sentimenti di solitudine ed abbandono; ciò va ad impattare ancora maggiormente sulla distanza affettiva che si viene a determinare tra il recluso e la famiglia di appartenenza.


Il diritto all’affettività

Il diritto all’affettività, secondo Silvia Talini, rientra nella categoria dei cosiddetti “diritti sommersi”, ovvero situazioni giuridiche, che nonostante la loro fondamentale importanza, per la quale dovrebbero trovare riconoscimento nella realtà penitenziaria, non sono in realtà espressamente contemplate dal quadro normativo della nostra nazione.


La salvaguardia del diritto all’affettività viene considerato un elemento necessario per la realizzazione dei principi costituzionali; tuttavia, sembra che le diverse norme volte a tutelare i legami personali, non implichino una garanzia anche a favore dell’espressione della sessualità.


Di conseguenza, non trovando tale diritto un suo spazio peculiare di protezione, si verifica una tacita astinenza per quasi tutti i detenuti, ad esclusione di coloro che possono usufruire di particolari permessi premiali che consentono l’uscita dall’istituto.


Per tale ragione, l’astensione dall’intimità diviene spesso una parte aggiuntiva della pena, anche nei casi in cui non vi sono particolari esigenze di sicurezza volte a giustificarla.


Il contesto legale italiano e le sue criticità

Secondo la giurisprudenza italiana, l’esecuzione penale deve puntare alla rieducazione e al recupero sociale della persona e deve svolgersi secondo trattamenti individualizzati che non vadano a contrastare con il senso di umanità della pena.

Essa dunque, non deve tradursi in una punizione più rigida di quanto non si realizzi già con la limitazione della libertà personale, e proprio in virtù di ciò, non dovrebbe consistere in trattamenti tali da compromettere le esigenze fondamentali della persona, tra le quali sicuramente si collocano la sfera affettiva, intima e sessuale.


Un tempo l’astinenza sessuale era ritenuta una parte fondamentale della pena; attualmente vi è ancora chi avvalora tale tesi e considera la deprivazione dei bisogni affettivi come una prerogativa necessaria della giusta pena. Tale aspetto però, non può dirsi assolutamente condiviso dalla legislazione moderna ed in particolare dall’art. 27 comma terzo della Costituzione, il quale afferma che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

Per l’ordinamento italiano, il rapporto del detenuto con i familiari risulta essere di fondamentale importanza, anche in virtù del fatto che esso ricopre un ruolo di particolare rilievo nel trattamento rieducativo del reo.

Mediante la scelta del legislatore di non prevedere la possibilità di mantenere i contatti sessuali tra coniugi all’interno dell’istituto però, tali prerogative rimangono dichiarazioni prive di concreta attuabilità.

Le motivazioni che sembrano aver portato il nostro stato ad attuare un approccio così restrittivo, hanno a che fare principalmente con l’esigenza di tutela delle condizioni di salute e sicurezza dei detenuti all’interno dell’istituto penitenziario. L’emergenza del sovraffollamento che affligge le carceri italiane rende difficile attuare una modifica inerente la questione, soprattutto a causa della mancanza logistica di spazi da dedicare all’intimità dei detenuti e i loro partner.

Quindi, allo stato attuale, nonostante una riforma in tal senso sarebbe sicuramente auspicabile, appare chiaro che in una situazione emergenziale si possa ritenere di dover privilegiare l’aspetto relativo alla sicurezza del condannato a discapito di una particolare esigenza del trattamento, come può essere intesa l’espressione dell’affettività.



Bibliografia:

  • Gaboardi, A., Gargani, A., Morgante, G., Presotto, A., & Serraino, M. (Eds.). (2013). Libertà dal carcere. Libertà nel carcere.: Affermazione e tradimento della legalità nella restrizione della libertà personale. Atti del Quinto Ginnasio dei Penalisti svoltosi a Pisa il 9-10 novembre 2012. Prefazione di Giovannangelo De Francesco (Vol. 3). G Giappichelli Editore.

  • Salerno M. E. (2017). Affettività e sessualità nell’esecuzione penale: diritti fondamentali dei detenuti? L’atteggiamento Italiano su una questione controversa. Giurisprudenza Penale Web.

  • Talini S. (2015). L’affettività ristretta. Costituzionalismo.it

 
 

Dott.ssa Giulia Dovier

Psicologa iscritta all'Ordine degli Psicologi del FVG (n. 2235)

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